Home> Pubblicazioni>Storia Economica e Sociale di Bergamo>Volume 2 - Dalla preistoria al Medioevo ( 2 tomi )

Dalla preistoria al Medioevo (2 tomi)

Premessa
MARIA FORTUNATI – RAFFAELLA POGGIANI KELLER

Premessa


All’interno delle grandi scansioni cronologiche in cui è suddiviso il volume – la Preistoria e Protostoria, la Romanità, l’Altomedioevo – come nei capitoli di passaggio, dedicati a studi e catalogazioni settoriali trasversali a più epoche, sono affluiti sia studi compiuti e sedimentati nel tempo (è il caso, ad esempio, dell’importante ed esaustivo lavoro di Ermanno A. Arslan sulle monete) sia le analisi e le ricerche specialistiche – paleobotaniche, antropologiche, paleontologiche, archeometallurgiche e altre ancora – che da tempo si accompagnano e integrano in modo irrinunciabile i risultati delle indagini archeologiche. Del pari sono confluiti dati inediti, scoperte fresche di scavo, spesso ancora bisognose di elaborazione meditata eppur troppo incalzanti per non darne conto, in quanto già prefigurano capitoli nuovi della storia della città: è il caso delle ricerche in corso nei cantieri del Nuovo Ospedale alla Trucca, della Cattedrale di S. Alessandro, del Palazzo del Podestà, per non citare che alcuni esempi di recente portati all’attenzione del pubblico attraverso la cronaca cittadina, esempi che – ci piace sottolinearlo – sono anche espressione del metodo di lavoro – un lavoro d’équipe, una programmazione sistematica degli interventi di archeologia preventiva – secondo una prassi ormai collaudata, condivisa e feconda di risultati (di conoscenza e di tutela), grazie all’ottima collaborazione tra Enti.
Fonti antiche su Bergamo ed archeologia. Confronto e nuove letture
ANGELO MARIA ARDOVINO

Fonti antiche su Bergamo ed archeologia. Confronto e nuove letture




Molte scelte culturali fatte dal rinascimento ad oggi dalla critica storica sulle origini di Bergamo e sugli Orobi (il cui nome è coniato dagli eruditi e manca nei codici latini) nascono da esigenze ideologiche e politiche di età moderna (ad esempio attribuire la città ai Cenomani sottolineava il legame con la terra di San Marco). Il riesame delle poche fonti esistenti su Bergamo antica, confrontato con i nuovi dati archeologici, porta a riconoscere il carattere insubre di Bergamo e del suo territorio, dove la cultura di Golasecca appare ormai prevalente già dal VI sec. a.C. Il confronto tra tutti gli elenchi di popoli alpini pervenutici e la menzione degli Orobi, porta inoltre a separare quest’ultima da tutti gli altri brani. È l’unica che non esprime genealogie fittizie e legami etnico-politici, ma legami alternativi, riconducibili al sacro e indipendenti da quelli etnico-politici. Bergamo è al centro del suo territorio almeno dal VI sec. a.C., e il suo nome preromano, che non possiamo ricostruire completamente e non autorizza etimologie che compongono elementi disparati per arrivare ad un significato “montano”, è corradicale con quello del dio galloromano Bergimus, che ripropone tratti di divinità più antiche legate al tempo lunare. Dal IV al II sec. a.C. Bergamo scompare nelle fonti, ma è sempre viva, anche se ridimensionata, ed indipendente dai centri vicini.
Sul contributo della riflessione antichistica alla definizione dell’identità locale
SILVIA CALDARINI MAZZUCCHELLI

Sul contributo della riflessione antichistica alla definizione dell’identità locale




I percorsi della ricerca antichistica sono questioni solo apparentemente estranee a chi volesse considerare l’evoluzione sociale e culturale a Bergamo. Come altrove, tali studi, per la loro valenza storica, hanno plasmato nei secoli la percezione dell’identità locale, hanno interagito con l’opinione comune e hanno costituito le premesse alle formulazioni del nostro tempo. In quest’ottica, intendo dimostrare l’efficacia nei secoli della cultura erudita cittadina, che ha cercato nelle antichità locali i simboli in cui rispecchiarsi ed esprimere esigenze culturali e civili della propria epoca, quelle poste dalle trasformazioni nella vita politica, economica e sociale, in una prospettiva non solo interna, ma anche rivolta al mondo esterno. Tali studi furono non solo espressione di una collettività di cui sottolinearono le virtù sociali, economiche ed etiche, ma anche lo strumento efficace di rinnovamento della cultura e della vita civile. Essi infine tracciano il percorso di una città nella quale, vuoi per ragioni storiche, vuoi per un’attitudine connaturata, i notabili e l’intellighenzia hanno saputo manifestare una mentalità aperta al confronto e al dialogo, tanto nei settori economici, quanto in quelli culturali.
Stato degli studi e delle ricerche
RAFFAELLA POGGIANI KELLER

Stato degli studi e delle ricerche




Alle scoperte fortuite di siti, complessi e singoli manufatti preistorici, susseguitesi con ritmo irregolare e con diversa consistenza dalla metà del XIX secolo agli anni Settanta del XX, ha fatto seguito da oltre trent’anni una sistematica azione di tutela e di indagine, con prospezioni, scavi e studi mirati e condotti con metodi e strategie adeguate ad una ricerca moderna e rispondente ai ritmi di trasformazione. Dopo la generazione feconda di appassionati locali, come Paolo Vimercati Sozzi e Gaetano Mantovani, che per primi dimostrarono una non comune attenzione alla Preistoria e Protostoria, con il Novecento cambiano i soggetti della ricerca: si istituiscono le Sopraintendenze, un tempo alle Antichità ora per i Beni archeologici, e si registra un sostanziale mutamento della figura dell’archeologo con l’avvento degli specialisti. Ma è solamente a partire dagli anni Ottanta del XX secolo che, per far fronte alle emergenze quotidiane con risposte non episodiche, si imposta un lavoro di tutela preventiva che trova i suoi presupposti ed i suoi punti di forza sia nella conoscenza della situazione archeologica, maturata attraverso esaustivi lavori di ricognizione e studio sulla città (Bergamo dalle origini all’altomedioevo. Documenti per un’archeologia urbana, 1986) e sul territorio (Carta archeologica della Lombardia. La Provincia di Bergamo, 1992) e l’edizione puntuale dei risultati delle ricerche, sia nella valorizzazione e creazione di nuove realtà museali ed espositive, quali presidi sul territorio e luoghi di conoscenza e comprensione delle memorie storiche identitarie.
Un patrimonio da scoprire: presenze archeologiche e piste di ricerca sui cacciatori e raccoglitori del Paleolitico e Mesolitico
RAFFAELLA POGGIANI KELLER

Un patrimonio da scoprire: presenze archeologiche e piste di ricerca sui cacciatori e raccoglitori del Paleolitico e Mesolitico




Le ricognizioni condotte in alcune aree della provincia e alcuni interventi di archeologia preventiva in occasione di grandi opere pubbliche, accanto a scavi di ricerca, hanno negli anni fatto emergere una trama fitta di singoli manufatti litici, consistenti complessi, contesti anche pluristratificati – insediamenti all’aperto, depositi in grotta, tracce di frequentazione – pertinenti alle epoche più antiche della Preistoria, il Paleolitico e Mesolitico. Su di essi di recente si sono avviati studi specialistici – archeologici, paleobotanici, paleontologici, radiometrici – e si sono intraprese verifiche sul campo che chiariranno meglio nei prossimi anni il quadro della diffusione dei primi gruppi umani nel territorio bergamasco, la loro risposta ai mutamenti climatici, le strategie insediative ed i comportamenti, le modalità di approvvigionamento delle materie prime, i cambiamenti nella cultura materiale.
Il Neolitico e l’età del Rame: la nascita dell’agricoltura e la prima metallurgia
RAFFAELLA POGGIANI KELLER

Il Neolitico e l’età del Rame: la nascita dell’agricoltura e la prima metallurgia




A parte singoli ritrovamenti ed alcune scoperte in grotte, la maggior parte delle conoscenze sul Neolitico e l’età del Rame, un periodo che si alloca tra VI e III millennio a.C. si deve alla ricognizione ed agli scavi condotti negli ultimi trent’anni, indagini che hanno fatto sì che queste fasi cruciali della preistoria emergessero dalla zona d’ombra, comune non solo al territorio bergamasco, ma a buona parte dell’Italia settentrionale. In anni recenti l’azione di tutela svolta dalla Sopraintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia ha comportato una serie di estesi scavi in alcuni siti d’abitato, monofase o pluristratificati, ubicati nelle valli prealpine (Clanezzo-Castello, Trescore Balneario-Canton, Casale di Albino, Lovere-Colle del Lazzaretto) e fascia pedecollinare al margine della pianura (Cicola-Brolo, Castello degli Angeli, Bergamo alta, Bergamo-Monterosso e Trucca). Alcuni di questi interventi sono ancora in corso, gli studi, curati da vari specialisti, sono a diversi livelli di avanzamento; molto resta quindi ancora da scrivere, ma i dati qui presentati consentono già di delineare alcuni temi – le scelte topografiche, l’organizzazione degli insediamenti, la tipologia delle strutture, i caratteri della cultura materiale, le attività e lo sfruttamento delle risorse – e di raccontare alcune scoperte eccezionali, come i campi arati e la strada del III millennio a.C. del Canton.
L’età del Bronzo. Aspetti insediativi e culturali, attività, sepolture e rituali
RAFFAELLA POGGIANI KELLER

L’età del Bronzo. Aspetti insediativi e culturali, attività, sepolture e rituali




Dell’età del Bronzo (II millennio a.C.) conosciamo prevalentemente la fase iniziale, quando le grotte continuano ad essere utilizzate per sepolture collettive o per pratiche di culto e le fasi tarde, quando sembrano manifestarsi e/o farsi più evidenti entità culturali distinte – che si preciseranno meglio nella successiva età del Ferro – nelle varie aree geografiche di cui si compone il territorio bergamasco: la parte meridionale di alcune valli mostra aspetti culturali occidentali (i siti di Clanezzo e Casazza), pienamente consolidati nel Bronzo Finale nella grotta culturale Tomba dei Polacchi, la parte settentrionale (Parre-Botti) sembra porsi via via in relazione prevalente con il Trentino e la Valle dell’Adige; contemporaneamente, altri siti (Lovere e gli abitati collinari pedemontani) manifestano evidenti relazioni privilegiate con l’area orientale veneta e padana. Inoltre si rilevano una vocazione metallurgica nelle valli e il consolidarsi di scelte insediative lungo percorsi viari importanti o in punti strategici per il controllo territoriale e delle risorse. Nei rituali funebri praticati si denotano varianti di tipo geografico e cronologico: nell’area di pianura la cremazione nel contesto di sepolture singole accompagnate da corredo, nelle valli una ripresa, nella tarda età del Bronzo, dell’utilizzo delle grotte per sepolture singole ad inumazione.
L’età del Ferro. Dall’oppidum degli Orobi alla formazione della città sul colle
RAFFAELLA POGGIANI KELLER

L’età del Ferro. Dall’oppidum degli Orobi alla formazione della città sul colle




Nel I millennio a.C. Bergamo si distingue come terra di confine tra mondo alpino e mondo padano, tra Celti golasecchiani e Veneti. L’area valliva e alpina delle Orobie, esemplificata dall’oppidum degli Orobi a Parre, consolida le relazioni con il mondo culturale centro-alpino, genericamente definito come “retico”, cui l’accomunano la scelta topografica degli abitati, la tipologia delle strutture insediative, la cultura materiale, l’uso di incidere le pietre e gli aspetti del culto; nella pianura e nell’area collinare risulta invece diffusa, come ultima propaggine dell’area comasca e ticinese, la cultura dei Celti golasecchiani, cui appartiene anche l’abitato protourbano di Bergamo, sorto nel VI-V secolo a.C. in posizione-chiave tra lo sbocco delle valli principali e la pianura, lungo la via pedemontana. Nonostante un flusso intenso di scambi e di commerci risulti avere interessato il territorio in area prossima all’abitato sul colle già nei primi secoli dell’età del Ferro (la stipe votiva di Curno) e, ancor più, tra VI e V sec. a.C. (la necropoli di Brembate Sotto), Bergamo sembra rimanere marginale rispetto al flusso dei traffici che in questo periodo percorrono, da Est ad Ovest e da Nord a Sud, l’Italia settentrionale, mantenendo una sua tradizionale identità.
Le “piccole regioni” alpine: testimonianze senza tempo di un paesaggio culturale da indagare
RAFFAELLA POGGIANI KELLER

Le “piccole regioni” alpine: testimonianze senza tempo di un paesaggio culturale da indagare




Lo studio della montagna come “paesaggio culturale”, visto nella sua complessità – storica, ambientale, di tradizioni, di cultura materiale e immateriale – va affrontato con una lettura diacronica e pluridisciplinare che sappia documentare, capire, valorizzare e trasmettere lo spirito del tempo di un territorio dove passato a presente sono inscindibili. Alcune ricerche, attuate o in corso o progettate, su testimonianze preistoriche e protostoriche (la frequentazione estiva dei pianalti ed i bivacchi stagionali, prima dei cacciatori paleolitici e mesolitici, poi dei pastori e degli allevatori neolitici e protostorici e, sulle medesime tracce, romani e moderni) o su tematiche “senza tempo” come le manifestazioni d’arte rupestre, o sulla trama dei percorsi storici, perseguono appunto l’obiettivo di documentare le modalità di popolamento e di utilizzo antico di quella parte del territorio bergamasco che costituisce una delle “piccole regioni” alpine, per capirne meglio gli esiti moderni e trarne indicazioni per governarne in modo consapevole gli sviluppi futuri.
Le produzioni in selce del Monte Misma e lo sfruttamento delle risorse litiche nella Preistoria
DOMENICO LO VETRO

Le produzioni in selce del Monte Misma e lo sfruttamento delle risorse litiche nella Preistoria




Le sistematiche raccolte di superficie effettuate alle pendici del Monte Misma alla fine degli anni ’80 da collaboratori volontari della Sopraintendenza della Lombardia hanno restituito una grande quantità di reperti in selce che documentano la frequentazione dell’area durante l’età dei Metalli. Il rinvenimento di un numero di scarti di lavorazione e schegge di selce sul Monte Bastia sembra attestare che sul luogo si praticasse la lavorazione della selce da parte di comunità preistoriche insediatesi nella zona, anche se mancano ad oggi prove certe circa la presenza di una vera e propria attività di officina collegata allo sfruttamento delle fonti locali di selce. Lo sfruttamento più o meno organizzato della selce e delle rocce scheggiabili è stato praticato fin dall’inizio della storia dell’Uomo, la documentazione archeologica attesta metodi e strategie di approvvigionamento differenziati, dalla semplice raccolta a più complesse attività minerarie, in relazione ai differenti ambiti geografici, cronologici e culturali.
Ambiente e alimentazione dal I millennio a.C. al Medioevo
ELISABETTA CASTIGLIONI – MICHELA COTTINI – MAURO ROTTOLI

Ambiente e alimentazione dal I millennio a.C. al Medioevo




Gli autori classici ci hanno tramandato molte informazioni sull’agricoltura e l’ambiente dell’Italia delle popolazioni preromane e romane. Non sempre queste informazioni sono precise e di immediata lettura, molto spesso è difficile calarle nelle realtà locali. L’analisi dei macroresti vegetali (semi, frutti, legni e carboni di legna), rinvenuti nei siti archeologici, permette di raccogliere informazioni puntuali sull’ambiente, sull’agricoltura e sull’alimentazione, che possono integrare le conoscenze derivate dagli studi storici e letterari. In questo lavoro sono riportati i dati raccolti nella provincia di Bergamo, a partire dal I millennio a.C., e alcuni dati, relativi all’Italia settentrionale, che ne permettono una migliore comprensione.
Bergamo e centri minori. Epigrafia vascolare-strumentale celtica e romana
ALESSANDRO MORANDI

Bergamo e centri minori. Epigrafia vascolare-strumentale celtica e romana




Sono qui raccolti e trattati quaranta brevi titoli epigrafici in lingua encoria gallica, ventiquattro, e in lingua latina, sedici, nella massima parte vascolari. Tra di essi si segnalano nuove acquisizioni di testi inediti a seguito di scavi eseguiti dalla Sopraintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia nella provincia di Bergamo e in Bergamo medesima. Il potenziale linguistico delle iscrizioni galliche è il grande rilievo considerare anche, oltre alle novità, le caratteristiche del rito quali si possono cogliere nel dato di scavo. Gli argomenti prosopografici vengono specificamente evidenziati sui due versanti linguistici, legandosi essi a determinati momenti e a particolari aspetti storico-culturali; questi riguardano anche le relazioni tra ambiente transalpino e ambiente cisalpino, quindi la delineazione del passaggio alla piena romanizzazione come si coglie nella tipologia vascolare, soprattutto in quella rivelata dai nuovi, cospicui, frammenti di “Acobechern”.
Le vicende della circolazione monetaria
ERMANNO A. ARSLAN

Le vicende della circolazione monetaria




Nel contributo, con una completa bibliografia sulla moneta di età classica recuperata nella regione Lombardia, si analizzano, in termini soprattutto statistici, con continui confronti con la documentazione di Milano, Calvatone, Brescia, Cremona, 372 monete, in oro, argento e bronzo, preromane e romane, fino all’età ostrogota, provenienti dagli scavi degli ultimi decenni a Bergamo e nel territorio della Provincia. Di tutte viene proposto il Catalogo. L’analisi viene anche condotta con riferimenti alla documentazione nota in bibliografia. Il testo è organizzato in capitoli. Il primo ha carattere metodologico e individua l’interesse specifico per le problematiche della circolazione monetaria e della struttura della massa circolante nelle varie fasi storiche. Il secondo propone gli aspetti dell’iniziale monetarizzazione dell’area, in età preromana, dall’inizio del II secolo a.C. sino alla Colonia fittizia di Bergamo (89 a.C.), con la penetrazione delle emissioni argentee dei popoli celtici della Transpadana, in competizione con la moneta romana repubblicana, in argento e bronzo. Particolare interesse è rivolto al sito indigeno di Parre. Il terzo capitolo analizza la difficile fase della tarda repubblica, fino alle riforme augustee, con la diffusione di materiale bronzeo di standard semiunciale e la diffusione, in termini di circolazione suppletiva, di materiale frammentato, affiancato da monete allogene, greche e celtiche transalpine. Viene discussa la presenza dei tipi bronzei con divos ivlivs e di Sesto Pompeo e dell’aureo di Hirtius di Bergamo. Il quarto capitolo affronta gli aspetti della riforma tresvirale del bronzo augusteo, con la definizione di un equilibrio nella circolazione monetale nell’area che resiste sino al III secolo. Si analizzano poi l’uso funerario della moneta e i numerosi ripostigli documentati in bibliografia, così come la diffusione delle contraffazioni per fusione di moneta bronzea. Il quinto capitolo affronta l’analisi dei documenti relativi alla crisi di età gallienica e alle riforme tetrarchiche. Il sesto analizza le tematiche del tardo impero, con la verifica statistica della presenza di materiali delle diverse zecche, soprattutto Ticinum, Roma, Aquileia, Siscia, che riforniscono il territorio bergamasco, con continui rimandi alla situazione nota in altre città lombarde. Un interesse particolare è rivolto alla monetazione di Magnenzio e di Magno Massimo. Il contributo chiude con cenni alla crisi della circolazione nel V secolo e alla scarsa documentazione ostrogota.
Il territorio di Bergamo in età romana
PIERLUIGI TOZZI

Il territorio di Bergamo in età romana




Bergamo in età romana fu centro di media-piccola importanza. Il suo sito era alla base delle Prealpi, a contatto con l’aprirsi delle valli sull’alta pianura padana. I Bergomates rappresentarono uno spostamento di insediamento delle genti discese dalla posizione di Parre in altura, abbandonata nel tempo, a un lungo in cui collina e pianura si saldavano. Il territorio fu notevolmente ampio e conobbe un forte incremento sul finire del I secolo a.C., quando i Romani controllarono le aree montane. Il terreno presentava due fondamentali suddivisioni che regolavano l’assetto complessivo: una prima, minore, a meridione di Bergamo, una seconda, assai più grande che scendeva fino alla confluenza del Serio morto nell’Adda. Qui, Bergamo, confinava allora con Cremona. Vie di diversa importanza attraversavano il territorio: sono da ricordare almeno la via Comum-Bergomum, la Mediolanum-Bergomum-Brixia, la Mediolanum-Brixia, Mediolanum-Cremona, la Cremona-Bergomum.
Bergamo romana. Amministrazione, società, economia
RODOLFO BARGNESI

Bergamo romana. Amministrazione, società, economia




Bergamo non scampa ad una sorte comune a molte realtà urbane dell’Italia romana: le fonti letterarie sulla sua storia si rivelano “scarse ed in contraddizione fra loro”. Soltanto la questione delle origini attirò in qualche misura l’interesse degli autori antichi, che per il resto trovarono raramente occasione di menzionare la città e il suo territorio. Per la ricostruzione proposta nelle pagine seguenti, assume così rilevanza fondamentale la documentazione epigrafica, che presenta tuttavia limiti evidenti, in primo luogo quantitativi e cronologici (altri limiti, riguardano la natura stessa della testimonianza epigrafica). Delle poco più di 150 iscrizioni, che compongono il patrimonio epigrafico di Bergamo, oggetto di un’accurata e meritoria opera di revisione da parte di Marina Vavassori, nessuna è anteriore all’età augustea e pochissime si possono datare oltre la metà del III secolo. Un contributo prezioso offre anche l’archeologia: nuove conoscenze sulla storia del popolamento provengono dall’inventario dei ritrovamenti avvenuti in territorio bergamasco, recentemente realizzato nell’ambito di un più vasto progetto regionale, mentre lo studio dei materiali restituiti dagli scavi serve a far luce su aspetti importanti della vita economica. Completano il panorama documentario le tracce dell’antica organizzazione del territorio conservatesi nel paesaggio e nella toponomastica: un’eccellente dimostrazione del loro apporto è rappresentata dal saggio di Pierluigi Tozzi, in questo stesso volume.
Un’indagine socio-economica in Bergamo e nel suo territorio attraverso i monumenti delle iscrizioni sepolcrali e sacre
MARINA VAVASSORI

Un’indagine socio-economica in Bergamo e nel suo territorio attraverso i monumenti delle iscrizioni sepolcrali e sacre




In ambito funerario e sacro, il contenuto del testo epigrafico non è sufficiente a determinare la posizione sociale ed economica di un individuo. Occorre collegare l’iscrizione con il supporto lapideo, definibile come monumento, su cui è incisa ed impaginata e prendere in considerazione la tipologia del monumento stesso, nonché l’eventuale presenza di elementi figurativi e di ritratti. L’indagine dei reperti funerari bergomensi comprende l’esame dei monumenti elaborati e di quelli più semplici e verifica le possibilità di collocazione degli stessi all’interno delle aree sepolcrali, con particolare riguardo alle necropoli urbane, fra cui emerge quella di Borgo Canale. La scelta di certe tipologie, più o meno appariscenti, è determinata dal desiderio di perpetuare la propria memoria, di ostentare l’avvenuta ascesa sociale, soprattutto nel caso di liberti, oppure di mantenere il livello elitario raggiunto con una tomba degna del rango, livello che non è necessariamente legato ad una carriera politica, ma è segno di potere economico; tale scelta permette di fare deduzioni sulle potenzialità d’acquisto del titolare e della sua famiglia. L’analisi dei pochi reperti sacri, prevalentemente are, tiene conto delle dimensioni di tale offerte e delle caratteristiche degli offerenti, per evidenziare alcune categorie sociali ed aconomiche.
L’insediamento urbano
GISELLA CANTINO WATAGHIN

L’insediamento urbano




Dai risultati dell’attenta e capillare attività di controllo archeologico che, ad opera della Sopraintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, ha interessato negli ultimi decenni il contesto urbano di Bergamo, e dalla revisione dei dati materiali acquisiti in passato è possibile delineare la vicenda articolata dell’insediamento, dalle sue origini in forme protourbane sullo scorcio del VI sec a.C., quando una pluralità di nuclei abitati viene ad occupare il sistema di colli che si identifica oggi con la Città Alta, alla sua pianificazione fra II e I sec. a.C. secondo gli schemi dell’urbanistica romana, modellati pragmaticamente sull’orografia assai irregolare del sito. Cardine (vie San Lorenzo e Mario Lupo) e decumano massimi (vie Gombito e Colleoni), con il loro andamento a line spezzata, costituiscono gli assi portanti di tutti gli ulteriori sviluppi della città, che nella zona del foro, al loro incrocio, con la costruzione della cattedrale trova il suo centro di aggregazione anche nel passaggio all’Altomedioevo. Questa continuità si confronta con le dinamiche di trasformazione che interessano in età romana l’edilizia abitativa e in età tardoantica coinvolgono l’assetto urbano, in termini il cui chiarimento rimane compito degli sviluppi futuri della ricerca.
Bergamo romana: appunti per una rilettura dell’assetto urbano alla luce delle nuove scoperte
MARIA FORTUNATI

Bergamo romana: appunti per una rilettura dell’assetto urbano alla luce delle nuove scoperte




A partire dal 1980, in una fase contraddistinta da profonde e incisive trasformazioni dei contesti urbani e del paesaggio, l’attività di tutela preventiva, attuata sull’intero territorio lombardo dalla Sopraintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia ed esplicata in Bergamo grazie alla collaborazione dell’Amministrazione Comunale, della Curia e Diocesi e del singolo cittadino, ha permesso di approfondire la conoscenza dell’elevata potenzialità archeologica del sottosuolo di città Alta. Tra i colli e le vallecole che caratterizzano la città d’altura, a partire dal I sec. a.C. venne costituendosi il centro politico, amministrativo, religioso e residenziale di Bergomum. A seguito di poderose opere di livellamento, di terrazzamento e di riporti di argilla e di macerie che servirono per colmare i dislivelli, sigillando i resti del tessuto protourbano, si organizzò l’impianto urbano con la cinta muraria, il reticolato stradale, l’area forense, gli edifici da spettacolo, i monumenti pubblici, le domus, le necropoli, un contesto che, in occasione di nuovi interventi edilizi, puntualmente, anche se in modo parziale, riemerge, a testimonianza della complessa e articolata sequenza stratigrafica che caratterizza il sottosuolo. A partire dalla prima età imperiale sino ad epoca tardoantica, la città ha conosciuto ristrutturazioni dei suoi edifici, modifiche e mutazioni di destinazione e d’uso di alcune zone, con nuove soluzioni nell’organizzazione complessiva dello spazio urbano.
Archeologia del territorio in età romana
MARIA FORTUNATI

Archeologia del territorio in età romana




Il quadro del popolamento in età romana trova riscontro nell’assetto geografico, un contesto ampio e diversificato, che influisce sulla tipologia e sulla conformazione degli stessi insediamenti, dalle importanti presenze, inquadrabili a partire dalla metà del I secolo a.C.,di Almenno San Salvatore e Fontanella, alle ville di pianura di età imperiale, ben conservate negli impianti, ubicate ad Arzago d’Adda e a Ghisalba, e negli alzati, nelle strutture dell’ex convento dei Neveri a Bariano, e infine lacustri, sotto il centro storico di Predore. Un territorio e le sue comunità che, nell’arco di quasi cinque secoli, manifestano intrecci reciproci e continui di crescita con il centro politico e amministrativo, Bergomum. Attraverso gli oggetti che compongono i corredi deposti nelle tombe a Curno, a Levate e a Verdello della fase di romanizzazione, si rivive il lento processo di integrazione tra la cultura autoctona, di tradizione celtica, e la cultura romana. Si snoda poi un percorso di conoscenza di usi, di stili di vita, di religiosità, di contatti e scambi commerciali che identificano le genti bergamasche in età imperiale e che trovano espressione nei centri di Fornovo San Giovanni, di Cicola-Chiuduno e di Casazza. Spicca infine la necropoli di Lovere, la cui unicità deriva dai rarissimi oggetti di prestigio dei suoi corredi e dall’ampio arco temporale che abbraccia il periodo tra età augustea ed età tardoromana.
Osservazioni sulle anfore per contribuire alla storia economica di Bergamo in età romana
CECILIA SCOTTI

Osservazioni sulle anfore per contribuire alla storia economica di Bergamo in età romana




Lo studio, ancora preliminare, delle anfore provenienti dalla raccolta antiquaria, da piccoli depositi e dagli scavi nella città di Bergamo e nella bergamasca permette di ricostruire qualche aspetto dell’economia del mondo antico a Bergomum, in particolare di leggere i percorsi commerciali di alcune derrate sin qui giunte in età romana, il tenore di un commercio a medio raggio, le scelte alimentari effettuate alcuni secoli or sono da chi viveva allora nelle nostre zone. Una tabella dell’epigrafia anforaria, infine, offre alla lettura diretta il nome di commercianti già noti altrove negli studi sulle anfore o ancora sconosciuti, le cui merci sono giunte nella nostra città e nel suo territorio tra la fine dell’età repubblicana e i primi secoli dell’impero romano.
La ceramica d’uso comune e la ceramica longobarda a Bergamo e nella bergamasca
MARIAGRAZIA VITALI

La ceramica d’uso comune e la ceramica longobarda a Bergamo e nella bergamasca




I frammenti di ceramica d’uso comune sono fra i materiali che più comunemente si ritrovano nei siti archeologici. I recipienti a cui appartenevano erano quelli più diffusi nell’antichità probabilmente per le loro caratteristiche di buon rapporto fra qualità, prezzo e distribuzione. Le diverse forme di recipienti espletavano in età romana le varie esigenze nella preparazione dei cibi e in altri settori artigianali. Dall’età tardoantica le forme diminuiscono e, cambiando la qualità della vita e di certi tipi di alimentazione, si modificano anche le forme dei recipienti. L’elencazione delle forme prodotte in età romana mostra ben documentato il panorama morfologico tipico, anche se con modelli in certi casi a diffusione soprattutto locale. Per la fase tardoantica e altomedievale il quadro delle presenze è omogeneo ad altre aree geografiche limitrofe. La ceramica longobarda è una delle testimonianze lasciateci da quelle popolazioni che dalla metà del VI secolo d.C. e per un paio di secoli gestirono il potere nei territori italiani da loro conquistati. La ceramica mostra caratteri peculiari e tipici, ben riconoscibili, sia nella sua fabbricazione che nel repertorio decorativo. I reperti di ceramica longobarda bergamaschi sono ancora numericamente molto scarsi ma permettono già alcune precisazioni cronologiche e alcuni di essi mostrano particolarità decorative uniche nel panorama italiano.
Considerazioni generali sulla pittura romana nell’area bergamasca
ELENA MARIANI, CARLA PAGANI

Considerazioni generali sulla pittura romana nell’area bergamasca




Il contributo di seguito riportato vuole offrire uno spunto di riflessione sulla situazione della pittura romana nel territorio bergamasco, finora ancora poco indagata, a partire dall’analisi dei materiali rinvenuti in scavi stratigrafici nel sito di Almenno San Salvatore e in via San Lorenzo a Bergamo. Le pitture di Almenno rappresentano un’eccezionale testimonianza di decorazione di maturo secondo stile pompeiano, con bugne e specchiature a finti marmi intervallati da motivi architettonici e fregi vegetali e impreziositi da cornici in stucco plastico. Gli affreschi, che trovano un significativo parallelo nella decorazione del santuario tardorepubblicano di Brescia, si riallacciano stilisticamente a noti modelli centroitalici (a Pompei: la Casa del Labirinto, la Casa del Criptoportico e la Casa delle Nozze d’Argento; a Roma: la casa dei Grifi). Incerta resta attualmente la pertinenza del materiale, che potrebbe appartenere a un edificio pubblico o sacro come pure a una residenza signorile. I rinvenimenti da via San Lorenzo a Bergamo, che coprono un arco cronologico che va dal I al III secolo d.C., denunciano in età antica uno stretto legame con modelli iconografici urbani, mentre nella produzione più tarda sembra di cogliere nuovi spunti di elaborazione, più vicini forse a modelli provinciali, con una certa predilezione per le decorazioni a reticolo geometrico.
Dai longobardi agli esordi del Comune
FRANÇOIS MENANT

Dai longobardi agli esordi del Comune




Durante il mezzo millennio di storia che rientra in questa parte della Storia economica e sociale di Bergamo, Bergamo è la sede di una importante circoscrizione amministrativa, ducato longobardo e poi contea carolingia, e da ultimo retta dal Vescovo a partire dal X secolo. La città, ripiegatasi in Città Alta, senza dubbio impallidisce se paragonata a quella che era nell’epoca romana; nondimeno riprende il suo sviluppo, e nel X secolo cominciano a moltiplicarsi alcune abitazioni sui declivi fuori le mura: ben presto diventano sobborghi molto popolosi ed attivi. Nel contado, inizia la riconquista agraria: conosciamo soprattutto i grandi possedimenti caratteristici dell’epoca carolingia, svelati dagli inventari che mettono in risalto il Vescovato e S. Giulia di Brescia, due fra i principali proprietari della regione; ma intravediamo anche una popolazione di contadini liberi, che curano le loro coltivazioni. La maggior evoluzione del XI secolo è tuttavia la generalizzazione delle signorie rurali, possedute dalle principali chiese e da grandi famiglie aristocratiche: i Giselbertini, conti di Bergamo, i militi vassalli delle chiese, e ben presto qualche famiglia della città, arricchita dal prestito a interesse, dall’attività giuridica e dalla rendita fondiaria. L’emergere di questa élite cittadina nell’XI secolo costituisce una tappa importante nella storia sociale di Bergamo, in quanto prefigura l’età comunale.
Bergamo nell’Altomedioevo, attraverso le fonti archeologiche
GIAN PIETRO BROGIOLO

Bergamo nell’Altomedioevo, attraverso le fonti archeologiche




La ricerca archeologica dell’ultimo quarto di secolo ha messo in luce alcuni aspetti di una profonda trasformazione che tra tarda antichità e Altomedioevo ha cambiato i paesaggi antropici e i modi di abitare. Nella città, alle lussuose domus, alcuni ambienti delle quali sopravvivono fino agli inizi del VII secolo, si sostituiscono edifici più poveri; al contempo la fondazione di numerosi luoghi di culto cristiano offre nuovi punti di riferimento in sostituzione di quelli della città classica. Nel territorio, mentre il fronte occidentale tra Adda e Lario viene dotato di un sistema di difesa a protezione di Milano, la fine delle ville, l’inserimento dei barbari e la cristianizzazione segnano il punto di partenza di un’evoluzione che si assesta solo a cavallo del Mille con l’incastellamento e la diffusione di nuovi tipi edilizi di qualità.
Fornovo San Giovanni nell’Altomedioevo: la necropoli longobarda
PAOLA MARINA DE MARCHI

Fornovo San Giovanni nell’Altomedioevo: la necropoli longobarda




Fornovo San Giovanni posto al centro della pianura bergamasca e quasi equidistante dai fiumi Adda e Oglio, fu un importante vicus romano (insediamenti e epigrafi) con funzioni di snodo viario di traffici commerciali d’ampio raggio. La centralità ne determina la continuità di vita nell’altomedioevo, con piccola necropoli alamanna (fino V secolo/primi decenni del VI), il ritrovamento di una moneta di Maurizio Tiberio (582-602), una necropoli d’arme “longobarda”, con sepolture equine (568-fine del VII secolo). La necropoli “longobarda”, in località Mora, ha restituito armi di tipo pannonico da riferire all’età dell’invasione. Per il VII secolo è notevole la concentrazione di scudi da parata con ornati metallici, aventi confronti oltralpe e in altre regioni della penisola. Le caratteristiche della necropoli rispondono, sui dati noti, alla presenza di un insediamento militare con probabili funzioni di controllo territoriale, di sosta, di raduno di truppe e probabilmente di mercato. Gli sviluppi di IX secolo confermano le funzioni di centro territoriale, poiché l’abitato è capopieve con diritti di inquisizione, mercato e navigazione.
L’oratorio di S. Felicita in Fara Gera d’Adda
ANGELO GHIROLDI

L’oratorio di S. Felicita in Fara Gera d’Adda




L’attuale oratorio di S. Felicita si trova sui resti della Basilica Autarena della quale rimangono ancora evidenti tracce nella zona absidale. L’antico edificio venne distrutto forse pochi decenni dopo la sua costruzione durante le lotte interne al regno longobardo. Probabilmente anche per il significato simbolico che rivestiva fu ricostruita pressoché uguale una volta sedate le rivolte. Subì poi una seconda distruzione, probabilmente ad opera del Barbarossa, alla quale seguì un progressivo declino. Un nuovo edificio religioso di più modeste dimensioni venne ricavato dai resti del precedente, rimanendo in uso fino alla costruzione dell’edificio moderno.
L’antropologia fisica nella ricostruzione dell’evoluzione demografica e dello stato di salute della gente bergamasca dall’epoca romana al XIII secolo d.C.
ALESSANDRA MAZZUCCHI, ANNA DAL PASSO, MORENA LA FERLA, SARA PELLIZZARI, DAVIDE STEFFENINI, CHIARA VILLA, CRISTINA CATTANEO

L’antropologia fisica nella ricostruzione dell’evoluzione demografica e dello stato di salute della gente bergamasca dall’epoca romana al XIII secolo d.C.




Lo studio antropologico di alcune necropoli ha portato a delineare un quadro economico preliminare del Bergamasco dall’epoca romana al XIII sec d.C.. Nel periodo romano sembrano esserci discrete condizioni di vita con attività occupazionali non eccessivamente pesanti a carico soprattutto degli arti superiori. Con il Medioevo le occupazioni, sempre a carico degli arti superiori, sembrano diventare più pesanti e/o svolte in ambienti più insidiosi tranne che per le donne, le quali probabilmente svolgevano i compiti meno pesanti o comunque li intraprendevano in età più tarda rispetto agli uomini. Nei secoli successivi l’economia sembra precipitare: già i bambini mostrano segni di attività che diventano per tutti più dure e pesanti, con la comparsa di malattie infettive quali la tubercolosi. Verosimilmente anche la disponibilità di cibo comincia a scarseggiare o essere nutrizionalmente inferiore. Per tutte queste popolazioni il quadro delineato è compatibile con un’economia di tipo agricolo che peggiora col passare dei secoli sia dal punto di vista nutrizionale sia per l’intensità del lavoro.

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