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Il Comune e la Signoria

L’affermazione del comune
GIORGIO CHITTOLINI

L’affermazione del comune




Anche a Bergamo, come in tutte le città dell’Italia centrosettentrionale, l’età che si avviò intorno alla fine del secolo XI, e che culminò con l’affermazione del libero comune, rappresentò un periodo fondamentale nella storia « lunga » della città: perché in essa – nell’età comunale, come di solito viene definita – si ebbe un grande sviluppo demografico, economico e politico; presero corpo nuove forme e strutture di organizzazione sociale, sia nel centro urbano che nel territorio; si impiantarono nuove istituzioni politiche e di governo, nel segno dell’autonomia, della libertà e di una forte identità municipale; si svilupparono forme nuove di vita culturale, artistica e religiosa; si venne progressivamente elaborando un nuovo modo di vivere in società, e di governarsi: eventi tutti che lasciarono la loro influenza sulla storia di Bergamo per lunghi secoli, anche dopo la caduta del libero comune, sino ai nostri giorni.
Bergamo comunale: storia, economia e società
FRANÇOIS MENANT

Bergamo comunale: storia, economia e società




L’età comunale a Bergamo segna per la società urbane da un lato una fase di eccezionale indipendenza e autonomia, dall’altro una profonda e articolata evoluzione interna. La nascita del libero comune corrisponde di fatto all’ascesa di una nuova élite dirigente che pur riproponendo modi e forme di dominio propri dell’antica aristocrazia feudale, si caratterizza per il suo profondo radicamento cittadino, per le sue capacità imprenditoriali e per le sue solide basi culturali. L’identità cittadina e la fisionomia stessa della città vengono radicalmente modificate in epoca comunale e assumono alcuni tratti distintivi che si conserveranno nei secoli a venire. Il rapporto tra comunità urbano e comunità rurali – prima assai labile e comunque episodico – si sviluppa nella misura in cui cresce il potere stesso del nucleo cittadino. Alla fine del XIII secolo è ormai la politica di Bergamo che definisce e regola nel dettaglio il destino dei comuni rurali del contado bergamasco. Tuttavia, tra XI e XII secolo, le campagne bergamasche che approfittano della favorevole contingenza espansiva dell’economia lombarda e godono di una marcata fase di crescita, venendo a formare quelle strutture di produzione e a plasmare quei tratti tipici del paesaggio rurale destinati a perdurare più o meno immutati fino a un recente passato. La storia politica del comune di Bergamo e delle numerose comunità del territorio si qualifica in definitiva come l’erogazione progressiva di un nuovo modo di governarsi e di vivere in società.
La città di Bergamo tra signoria viscontea e signoria malatestiana
GIANLUCA BATTIONI

La città di Bergamo tra signoria viscontea e signoria malatestiana




Gli avvenimenti politici, militari e istituzionali che intercorrono fra il 1331 – quando Bergamo lacerata da aspre guerre civili si sottomette a Giovanni re di Boemia – e il 1428 – quando viene sottoscritta la pace con la quale Bergamo e Brescia vengono cedute dai Visconti alla Serenissima – aprono e chiudono definitivamente l’esperienza signorile di Bergamo. Il cambiamento dell’assetto politico si traduce in un profondo riassetto istituzionale e, attraverso una serie di revisioni statuarie, Bergamo passa da un regime comunale di “popolo” a una delega completa e incondizionata del dominium al principe; la società cittadina e il suo ceto dirigente subiscono di fatto una profonda trasformazione. I Visconti si pongono da subito come supreme autorità equilibratrice delle profonde tensioni insistite ma la conflittualità politica si sposta da Bergamo al suo immediato distretto a causa di fenomeni come il fuoriuscitismo antivisconteo e l’arretratezza delle strutture sociali del contado; l’impianto amministrativo del territorio bergamasco viene completamente riorganizzato con la costituzione dei vicariati che disegnano un assetto amministrativo e territoriale che resterà fondamentale anche nel periodo della dominazione veneziana. Lo studio della storia di Bergamo e della Bergamasca durante l’età signorile risulta quindi assai stimolante, esemplificativo e talora paradigmatico delle varie sperimentazioni politiche e amministrative attuate nell’Italia settentrionale durante il XIV secolo.
La popolazione di Bergamo e del territorio nei secoli XIV e XV
GIULIANA ALBINI

La popolazione di Bergamo e del territorio nei secoli XIV e XV




Bergamo e il suo territorio tra il XIV e il XV secolo si trovavano al centro di un vivace trend di sviluppo demografico tale da riuscire a far comprendere il coesistere apparentemente contraddittorio di un deciso aumento della popolazione - nonostante le ricorrenti e spesso devastanti crisi dovute ad epidemie, carestie e guerre – e di una proverbiale propensione e proiezione verso l’esterno attraverso le direttrici più consuete dei flussi dell’emigrazione. La città cresce soprattutto nella seconda metà del XV secolo mentre lo sviluppo demografico del territorio è meno circoscrivibile cronologicamente me senz’altro di notevole consistenza, come sta a dimostrare, tra gli altri il casi di Gandino, la cui espansione in termini di incremento della popolazione, sembra progredire ad un ritmo simile a quello dell’area urbana. Le autorità cittadine e sovracittadine dimostrano di non avere, anche nel tardo medioevo, l’esatta percezione della realtà demografica, ma emanano, comunque, una importante serie di provvedimenti di natura fiscale, oltre che igienico e sanitaria, con sicure cadute demografiche, sebbene non tali da incidere profondamente sui fenomeni demografici stessi. Tra questi, le varie modalità delle correnti di emigrazione dal territorio bergamasco vengono analizzate con precisione nel presente saggio e le mete ultime di questi flussi migratori attestano la presenza di bergamaschi in quasi tutte le aree dell’Italia centrosettentrionale dell’epoca.
L’economia di Bergamo tra il XIII e il XV secolo
PATRIZIA MAINONI

L’economia di Bergamo tra il XIII e il XV secolo




Le complesse vicende storiche delle corporazioni bergamasche e il ruolo di rappresentanza che esse svolgono nei rapporti con il potere politico tra il XIII e il XV secolo, rappresentano momenti essenziali per penetrare a fondo nelle dinamiche dell’economia bergamasca del tardo medioevo. Già alla fine del XII secolo, con lo sviluppo delle istituzioni comunali e la conseguente più ampia partecipazione alla res pubblica, i paratici si presentano – come le vicinie – come soggetti politici attivi. Tra le varie corporazioni, quella de mercanti, pur non assumendo un’importanza analoga a quella rivestita in molte altre città dell’Italia centrosettentrionale, rappresenta uno de comparti economici più vitali e imprenditorialmente capaci dell’intero tessuto sociale dell’economia della città e del territorio di Bergamo. Tuttavia l’elemento caratterizzante dell’economia bergamasca medievale è costituito dalla capacità produttive dell’area montana e soprattutto delle valli Imagna, Brembana e Seriana, dove avveniva gran parte della lavorazione dei panni di lana (il « panno di Bergamo »), una delle principali risorse dell’intero distretto, coordinata da mercanti cittadini e da imprenditori locali. Anche la gestione delle risorse minerarie, il commercio del ferro, la produzione delle pietre coti e delle moli da mulino, il legname e infine lo sviluppo della coltivazione delle piante “industriali” assai richieste dal mercato come l guado e la robbia, legate alla tintura dei tessuti, vengono analizzati quali capitoli non marginali e,in varie fasi, elementi propulsivi dell’assetto economico bergamasco tardomedioevale.
Le campagne bergamasche nel XIV secolo: agricoltura e società rurale
PAOLO GRILLO

Le campagne bergamasche nel XIV secolo: agricoltura e società rurale




L’agricoltura bergamasca registra nel corso del Trecento un notevole impulso grazie all’abbondante afflusso di capitali e alla vigorosa espansione della proprietà urbana; le tradizionali strutture agrarie sulle quali poggiava l’assetto delle campagne bergamasche nei secoli precedenti, imperniato sulla piccola e parcellizzata proprietà contadina, mutano decisamente a favore dell’incremento delle grandi possessioni controllate dai cives. Gli investitori cittadini dimostrano subito spiccate doti imprenditoriali e, anche attraverso la sperimentazione di nuove forme contrattuali e di gestione, contribuendo sensibilmente a innescare un processo di vivace evoluzione del paesaggio agrario bergamasco. Diversificazione colturale e incremento di produzioni su larga scala come il guado; diffusione di più adeguati strumenti di lavoro; impulso all’allevamento del bestiame grazie all’ampio utilizzo dei contratti di soccida e alla presenza di vaste aree destinate al prato irriguo; realizzazione di un’efficiente rete di canalizzazioni destinate all’irrigazione: questi importanti risultati conseguiti grazie al massiccio intervento dei capitali cittadini causano però come contropartita la netta contrazione della piccola proprietà contadina e il progressivo aumento di “rustici” privi di una quantità minima di terra, sufficiente al sostentamento e costretti a trasformarsi in braccianti salariati nei grandi possedimenti dei proprietari venuti dalla città.

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