Home> Pubblicazioni>Storia Economica e Sociale di Bergamo>Volume 5 - Lo sviluppo dei servizi

Lo sviluppo dei servizi

Finanza, infrastrutture e istituzioni
SERGIO ZANINELLI

Finanza, infrastrutture e istituzioni




La cultura economica bergamasca, intesa qui come insieme di convincimenti e di esperienze, che si andarono formando attraverso la prassi quotidiana nello svolgimento delle attività produttive e commerciali (che sono state ricostruite nei due tomi precedenti) ha dovuto misurarsi con quella tipica istituzione capitalistica che è il sistema creditizio e con le logiche che a essa presiedono. Le ricostruzioni offerte in questo terzo tomo si saldano tutte tra di loro con un notevole grado di organicità, in quanto espressioni - sia pure relativamente autonome nei tempi di realizzazione e certamente nelle implicazioni e applicazioni tecniche e organizzative - di una più generale capacità dell’ambiente di cogliere le connessioni interne che formano un sistema economico locale e gli consentono di funzionare e di progredire. Circolazione dei capitali, circolazione delle merci e degli uomini, circolazione delle conoscenze, sono state ricostruite nelle loro peculiari vicende e problematiche. Esse però vanno complessivamente considerate come aspetti di una unica realtà, la si consideri sia nell’ottica del profilo collettivo e istituzionale, sia in quella delle esperienze personali, della storia della società locale e dei singoli che la formavano.
Banche e banchieri a Bergamo nell’Ottocento
PIERO BOLCHINI

Banche e banchieri a Bergamo nell’Ottocento




Nel ripercorrere le vicende bancarie dell’Ottocento, Antonio Confalonieri scriveva: «Il tratto più positivo [...] consiste nel lento ma sicuro affermarsi di una rete di organismi a carattere provinciale o più semplicemente locale che, sia pure attraverso vicende non facili, riescono ad acquistare esperienze e tradizioni destinate a rappresentare anche in seguito un elemento decisivo di equilibrio» (1). Si è formata anche a Bergamo questa «rete di organismi»? Quando, per opera di chi e con quali risultati? Oltre alle banche locali e alla Camera di commercio, la ricerca ha preso in esame gli archivi di istituti «esterni» come la Cassa di risparmio delle provincie lombarde e la Banca nazionale (poi d’Italia), che, in rapporto a questi temi, finora sono stati scarsamente utilizzati. Il primo istituto a mantenuto una presenza costante sulla piazza, svolgendo un ruolo strategico anche nella formazione del sistema di credito provinciale; il secondo, protagonista con compiti istituzionali e banca di credito ordinario, è stato referente attento delle vicende bergamasche.
Le banche tra la fine della grande guerra e la ricostruzione (1920-50)
MARINA ROMANI

Le banche tra la fine della grande guerra e la ricostruzione (1920-50)




Il saggio ricostruisce la struttura e le linee evolutive dell’assetto bancario della provincia di Bergamo fra la fine della grande guerra e gli anni Cinquanta. In questo periodo il Bergamasco mutò il proprio ruolo da quello di terra di emigrazione a quello, più lusinghiero, di provincia industriale. Tale processo venne efficacemente supportato da un articolato complesso di istituzioni creditizie deputate a sovvenire alle esigenze di un mercato in rapida evoluzione, ma ancora segmentato. Da qui l’intervento dei cattolici, fautori di una capillare rete di casse rurali facenti capo al Piccolo credito bergamasco, e l’intervento di vivaci nuclei della possidenza e della borghesia laica a favore del rafforzamento di enti come la Banca mutua popolare di Bergamo e la Banca bergamasca di depositi e conti correnti. L’indiscriminato potenziamento della rete di sportelli facenti capo alle aziende locali, aggravato dalla parallela concorrenza di istituti di credito extraprovinciali, produsse un forte appesantimento del locale apparato creditizio - fenomeno aggravato, per alcune aziende, da scelte gestionali che le impegnavano strettamente nel mondo della speculazione. Sarebbe stata la crisi, unitamente a una legislazione più severa, a ridisegnare i parametri di efficienza degli operatori del credito e a definire, con la scomparsa di alcuni fra i più significativi protagonisti, le nuove egemonie in ambito locale.
Il commercio dal 1880 al 1940
MONICA RONCHINI

Il commercio dal 1880 al 1940




Le strutture del commercio bergamasco dall’ultimo ventennio dell’Ottocento conobbero una serie di trasformazioni legate all’estendersi dell’industrializzazione nel territorio. Da un lato infatti, vennero aumentando di frequenza i mercati agricoli della provincia, soprattutto di bestiame, che rifornivano le aziende agrarie della pianura Padana e che rappresentavano per la città di Bergamo una risorsa importante di affari. Dall’altro lato, il commercio al dettaglio iniziò un processo di estensione e riqualificazione connesso all’ampliarsi della popolazione della città e al progressivo abbandono del sistema economico di autoconsumo, caratteristico del mondo contadino. Il più significativo fenomeno legato alla rivendita al minuto è dato in questo periodo dalle cooperative di consumo, inizialmente diffuse nella forma di spacci operai. Dopo gli anni della guerra, la grave crisi che colpì l’economia favorì l’aumento del numero delle cooperative, poi ridimensionate nel periodo fascista; non migliori erano le condizioni del piccolo commercio al dettaglio, colpito da una lunga crisi per la contrazione dei consumi. Elemento di vera novità furono allora i magazzini di acquisti al dettaglio, anche se, nel capoluogo, di dimensioni modeste. Migliori condizioni registrava invece il settore ingrosso, maggiormente tutelato dalle autorità pubbliche.
La promozione economica del Comune dall’unità al secondo dopoguerra
PATRIZIA BATTILANI

La promozione economica del Comune dall’unità al secondo dopoguerra




Il saggio si occupa delle politiche economiche seguite dalle giunte bergamasche dall’unità alla seconda guerra mondiale, con l’obiettivo di individuare se esse abbiano svolto un ruolo positivo per lo sviluppo economico della città. Una prima parte della ricerca è dedicata alla ricognizione legislativa allo scopo di individuare competenze e strumenti attribuiti ai governi locali. Una seconda parte analizza le entrate (essenzialmente dazi comunali e sovrimposte fondiarie) del Comune di Bergamo e, infine, l’ultima è dedicata all’analisi della spesa pubblica attivata a livello locale. È stato così possibile individuare quattro fasi nella politica bergamasca. La fase liberaldemocratica (1860-92), che è stata segnata dall’esigenza di riportare in pareggio il bilancio e quindi da una spesa pubblica molto contenuta; gli anni della coalizione fra cattolici e liberaldemocratici (1893-1908) che hanno visto un primo graduale aumento dell’intervento pubblico per migliorare la dotazione di infrastrutture igieniche e per avviare il risanamento di una vasta area centrale della città; l’aumento più significativo della spesa pubblica è stato tuttavia realizzato dalle giunte cattoliche (1908-24) con le quali si verifica un repentino miglioramento degli standard igienici della città e si concretizza la riedificazione della fiera; le amministrazioni del periodo fascista, che si caratterizzarono per una elevata spesa pubblica, lasciarono invece in eredità il piano di risanamento della città alta.
La Provincia dal 1880 al 1914: iniziative in campo economico e sociale
ROSALBA CANETTA

La Provincia dal 1880 al 1914: iniziative in campo economico e sociale




Nel periodo considerato le disponibilità finanziarie della Provincia sono limitate e provengono sostanzialmente dalla sovraimposta fondiaria, mentre molto meno rilevanti sono quelle derivate dal patrimonio immobiliare e da cespiti diversi. Questa dipendenza delle disponibilità della possidenza fondiaria troverà spesso un’eco nelle discussioni consiliari. Tra il 1880 e il 1895, l’attività, le riflessioni e le delibere del Consiglio provinciale hanno avuto per oggetto principale la costruzione delle infrastrutture, per dotare il territorio di tronchi di rete ferroviaria e per sistemare tratti di strade. Attenzione ha ricevuto anche il settore agricolo, con provvedimenti sulle condotte veterinarie, sulla lotta contro la fillossera e sulle risaie. Non mancano interventi a favore di strati della popolazione particolarmente bisognosi, come i pellagrosi, i bambini abbandonati o i malati di mente. Nel quindicennio successivo, fino alla prima guerra mondiale, la crescita industriale del Bergamasco incide sempre più nelle decisioni del Consiglio provinciale. Oltre alle spese sostenute per le infrastrutture, risulta rilevante l’interesse dell’amministrazione per l’Istituto tecnico industriale, in modo da renderlo più rispondente alle esigenze della produzione.
Vie e mezzi di comunicazione
PIETRO CAFARO

Vie e mezzi di comunicazione




In un periodo storico nel quale le strade ordinarie sembravano destinate a cedere definitivamente il passo alla strada ferrata, a Bergamo si dibatteva la questione dell’accesso ai valichi alpini: l’opzione scontata per la via dello Spluga aveva, nella mente dei politici locali, il vantaggio di riservare alla Bergamasca il controllo del transito commerciale tra Suez e la Mitteleuropa. Ciò si scontrava con gli interessi di Milano e di chi, in Italia e all’estero, pensava al Gottardo come punto di passaggio delle Alpi. I collegamenti tra capoluogo e maggiori centri delle valli, soprattutto Seriana e Brembana, venivano invece assicurati da due ferrovie locali, moderne al punto di adottare precocemente la trazione elettrica e tali da formare l’ossatura del sistema dei trasporti provinciale fino ad epoca a noi molto vicina. In ambito cittadino, accanto alla definizione e al varo della rete urbana, venne in quegli anni promossa la costruzione delle funicolari. Il servizio postale fu poi affiancato, alla fine del secolo, dalle formidabili innovazioni del telegrafo e del telefono. La novità maggiore dei decenni successivi alla prima guerra mondiale fu infine la rivincita delle vie ordinarie sulla strada ferrata. La vicenda più significativa fu quella della costruzione dell’autostrada Bergamo-Milano, che idealmente riproduceva quel percorso originario della Ferdinandea, abbandonato dalla ferrovia dopo la costruzione del tratto Treviglio-Rovato.
L’istruzione professionale e tecnica dall’unità al primo conflitto mondiale
GIANPIERO FUMI

L’istruzione professionale e tecnica dall’unità al primo conflitto mondiale




L’analisi si appunta sui soggetti e sulle forme con cui, in età liberale, nell’ambiente bergamasco si è venuto articolando un primo apparato di istituzioni formative volte a migliorare le qualità di un lavoro le cui caratteristiche stavano cambiando diffusamente, delineando istanze di apprendimento non sempre facili da intersecare attraverso ordinamenti scolastici adeguati. Ci si riferiva ai molteplici mestieri artigiani, agli impieghi amministrativi, al più vasto campo del lavoro operaio e agricolo, alle occupazioni femminili nel campo dell’abbigliamento, delle attività domestiche, dei lavori d’ufficio. A partire dagli anni Ottanta, la graduale moltiplicazione di iniziative di istruzione professionale e tecnica nel Bergamasco avvenne all’interno di un ordinamento generale non incentivante rispetto a questo genere di scuole, che dunque si svilupparono quasi esclusivamente grazie alle risorse della società locale. Gli attori di tale sviluppo dell’offerta formativa a Bergamo e nei principali centri della sua provincia dalla fine dell’Ottocento furono diversi, come diversa fu la qualità del loro contributo: Società industriale bergamasca e altri sodalizi privati, Camera di commercio, amministrazioni locali, enti morali, congregazioni religiose, associazioni mutualistiche, direzioni scolastiche.

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